Benvenuto Davide!

Avevamo pianificato ogni cosa. Avevo letto decine di libri, frequentato il corso pre-parto con mio marito, letto tanti forum su internet. Ero pronta, nessun timore, nessuna terapia contro il dolore, volevo vivere intensamente l’esperienza. Avevo scelto un ospedale lontano da casa perché era l’unico che mi assicurava un parto naturale e poco medicalizzato, ero andata ad intervistare personalmente l’ostetrica capo reparto, avevo visitato la sala parto e avevo anche deciso che avrei fatto il travaglio in acqua. Avevo imparato le posizioni che mi avrebbero aiutato a sopportare a casa il dolore delle contrazioni fino al travaglio attivo. Pensavo anche di sapere il giorno in cui sarebbe nato mio figlio perché avevo letto dell’influenza della luna crescente sul parto. Avevo fantasticato tante volte nel corso dei 9 mesi di gravidanza sul fatidico “giorno x”, quello in cui avrei chiamato mio marito a lavoro dicendogli “tesoro ci siamo!” e lui si sarebbe scapicollato per arrivare da me. Pensavamo che l’unica incognita da affrontare sarebbe stato il traffico che avremmo incontrato per strada per arrivare in ospedale, che avrebbe potuto rendere il parto “un’avventura” da raccontare. L’incubo di mio marito era quello di rimanere bloccati in autostrada e di dover far nascere il nostro piccolino in una piazzola di sosta e per questo aveva studiato strade alternative per i vari momenti della giornata. E avevamo pensato anche che avremmo avvisati tutti solo dopo la nascita di Davide, svelando il nome del nostro piccolino che avevamo gelosamente custodito fino a quel momento. I nostri genitori abitano molto lontano e per quanto lungo sarebbe stato il travaglio non sarebbero comunque riusciti ad arrivare in ospedale anche se li avessimo avvertiti ai primi sentori. Insomma, questo doveva essere il racconto del mio parto se il parto fosse una cosa da pianificare. L’unica cosa che non riuscivo a immaginarmi era il fatidico dolore che avrei dovuto sopportare.

 

Nel corso delle ultime settimane di gravidanza ero alla ricerca dei sintomi che avevo letto si sarebbero dovuti presentare e mangiavo melograni perché avevo letto servivano a far “maturare” l’utero. Confesso di aver pensato che forse le mie contrazioni non erano così tanto dolorose da farmele riconoscere, perché io di dolore non ne avevo nonostante la luna piena. Arrivati all’ultima ecografia ho cominciato ad intuire che mio figlio aveva deciso di cambiare il copione che i suoi genitori avevano scritto con tanto zelo per la sua entrata in scena. La ginecologa mi dice che ho poco liquido e che è meglio andare a fare il tracciato in ospedale, per stare tranquilli. Alla fine del tracciato in ospedale mi dicono che il bimbo sta benissimo ma per non rischiare vogliono indurmi il parto il giorno dopo. Ma come? Io volevo un parto naturale, volevo aspettare le mie belle contrazioni e invece? In quel momento mi è venuto in mente il racconto del parto di mia suocera indotto con l’ossitocina e rivedevo la sua faccia sconcertata mentre mi raccontava quanto fosse stato doloroso a causa dell’induzione. Prima di andare via dal reparto ho chiesto all’ostetrica se poteva consigliarmi qualcosa per indurre naturalmente le contrazioni, perché ancora ci speravo… (l’olio di ricino però non l’ho bevuto, c’è un limite a tutto).

La sera prima del ricovero con mio marito siamo andati a mangiare l’ultima pizza in due.

Ho chiamato mia mamma dicendole che se voleva poteva venire, c’era tutto il tempo di affrontare il viaggio.

La prima induzione, quella più leggera, non ha funzionato. Ho dovuto aspettare ancora due giorni per vivere il fatidico “giorno x” tanto diverso da come lo avevo immaginato ma di cui ho un ricordo splendido (approfitto per ringraziare l’ostetrica che è stata con me e mio marito per tutto il tempo del travaglio). Per fortuna è stato un parto naturale ma super medicalizzato. Hanno fatto tutto i medici: mi hanno indotto le contrazioni (purtroppo mia suocera aveva proprio ragione sul dolore), mi hanno rotto il sacco, mi hanno persino fatto una manovra sulla pancia per far uscire il mio bimbo. Mia mamma, che pensava sarebbe stata avvisata a cose fatte, è stata in sala d’attesa per 14 ore!

E’ proprio vero che il parto è il momento in cui si impara a fare la mamma. Io ho imparato che per vivermi questa splendida avventura che è la vita insieme al mio Davide le cose vanno affrontate con amore giorno dopo giorno, che la vita supera ogni aspettativa e che soprattutto non servono i libri!